Come tutelare l’immensa biodiversità della Sicilia

La terra di Sicilia è, probabilmente, uno dei luoghi più unici che rari che esista al mondo e, quasi sempre, chi ci è nato e la abita non se ne rende conto. Questa consapevolezza, purtroppo è più rara di quanto si pensi e solo poche persone, ricercatori, studiosi, appassionati, innamorati di questa terra ne colgono l’unicità; tra questi cito spesso Renzino Barbera, vero ed autentico poeta della sicilianità, il quale scrisse in proposito: “… il sesto giorno, Iddio, compì la sua opera e lieto d’aver creato tanto bello, prese la terra tra le mani e la baciò, là dove lui posò le labbra è la Sicilia”; ogni commento ci sembra superfluo.
Ma da dove viene tanta bellezza, sicuramente dall’essere al centro di quel mare Mediterraneo crocevia storico di popoli, tradizioni, arte, storia, speranza ….
Pur tuttavia c’è un patrimonio tra i patrimoni che dobbiamo far comprendere non solo ai milioni di turisti che ogni anno vengono a farci visita ma soprattutto ai suoi abitanti ed, in particolar modo, ai giovani e, quindi, alle future generazioni.
È il patrimonio della biodiversità.
Per comprendere la grandezza ed importanza di questo patrimonio si tenga conto che nel panorama europeo, l’Italia è il Paese che, in assoluto, presenta il più alto numero di specie: ospitiamo circa la metà delle specie vegetali e circa un terzo di tutte le specie animali attualmente presenti in Europa.
All’interno dell’Italia la Sicilia, insieme alla Sardegna, guida la classifica nazionale della biodiversità, confermandosi isola delle meraviglie, staccando di netto l’altra ricchissima isola italiana.
Volendo dare delle informazioni molto sintetiche basti pensare che in Sicilia la fauna è stimata in oltre 58.000 specie, di cui circa 55.000 di Invertebrati (95%), 1812 di Protozoi (3%) e 1265 di Vertebrati (2%), con un’incidenza complessiva di specie endemiche pari a circa il 30%.
Per quanto riguarda invece la flora sono presenti 3252 taxa specifici e infraspecifici, nativi, avventizi e naturalizzati, suddivisi in 880 generi e 134 famiglie. Dunque nonostante la forte antropizzazione e il degrado degli ecosistemi naturali, la flora sicula si presenta ancora sorprendentemente ricca grazie alla notevole varietà di ambienti, bioclimi, tipologie di suoli e rocce, configurazioni orografiche, ecc.
I generi più ricchi sono: Trifolium (64), Limonium (45), Allium (37), Ophrys (33), Silene (32), Centaurea (31), Anthemis (19), Brassica (18), Linaria (16), Dianthus e Helichrysum (13), Micromeria (11) e Genista (10). Le famiglie più rappresentate sono le Asteraceae (371), Poaceae (300), Fabaceae (295). Brassicaceae (141), Apiaceae (135) ecc., 64 entità sono riferibili alle Pteridophyta, 14 sono Gymnospermae, 3173 sono Angiospermae (2463 Dicotiledoni e 710 Monocotiledoni).
Lo spettro biogeografico mostra la prevalenza dell’elemento mediterraneo (46,88%), seguita dall’Orientale (13,14%), l’occidentale (9,75%), il boreale (8,58%) e il meridionale (8,55%). Le cosmopolite sono rappresentate da 426 taxa (13,1%). L’endemismo (compreso interamente nell’elemento mediterraneo) è del 15,44%, di cui il 9,90% (circa 380 taxa secondo recenti stime) è esclusivo della Sicilia, il 3,69% è condiviso con il Sud Italia, mentre gli endemismi condivisi con poche altre zone del mediterraneo ammontano al 1,85%.
In poche parole si tratta di una biodiversità, frutto anche di un’ecodiversità, che si riscontra solo nei livelli continentali, che fanno della Sicilia un vero e proprio hotspot di biodiversità che, però, è minacciata da perdita di habitat, cambiamenti climatici ed estesa perdita di specie.
Ricordiamo che la biodiversità rappresenta un patrimonio di informazioni, di energia e di materia vivente che, se persa, rischia di compromettere la stessa vita umana e i suoi equilibri geopolitici. È qualcosa su cui ancora poco riflettiamo e nel cui campo il mondo della politica fa pochissimo o niente.
Eppure qualcosa inizia a muoversi.
Basti pensare che in questi giorni è nato il primo centro di ricerca italiano dedicato alla biodiversità: il National Biodiversity Future Center, che prende il via con 300 milioni di euro e 1.300 ricercatori.
Questo centro è coordinato dal Consiglio Nazionale delle Ricerche, è uno dei cinque centri nazionali istituiti nell’ambito del Piano nazionale di ripresa e resilienza: Fra i temi dei quali si occuperà, ci sono le strategie per affrontare la crisi climatica e quelle per le specie aliene invasive, il recupero degli ecosistemi degradati e lo studio delle specie in pericolo. Il Centro avrà inoltre l’obiettivo di comprendere e affrontare i fattori connessi al declino della biodiversità a livello marino, terrestre e urbano, e di valorizzare la biodiversità per farne una grande occasione di sviluppo economico.
E come non citare la L.R. 21 del 29 luglio 2021 della Regione siciliana in materia di “Agroecologia, di tutela della biodiversità e dei prodotti agricoli siciliani e di innovazione tecnologica in agricoltura …”; una legge nata ed approvata per tutelare non solo la biodiversità agricola isolana ma anche per evitare interferenze tra i sistemi di produzione agricoli e gli ecosistemi naturali.
Ma tutto ciò non basta, è necessario il coinvolgimento delle comunità, delle organizzazioni libere dei cittadini, come quelle del Coordinamento Agroecologia della Sicilia che, dopo aver collaborato concretamente alla stesura ed approvazione della suddetta legge, si propone di interloquire con le parti sociali e politiche per passare, adesso, ad atti concreti, tra i quali non solo aspetti normativi ma anche di indirizzo, formativi, di presa di coscienza.
Il lavoro svolto dal Coordinamento Agroecologia, in particolar modo per la proposta del Piano Energetico Rurale della Sicilia e del percorso che ha portato alla legge sull’Agroecologia della Regione siciliana e dei successivi passaggi attuativi, è stato preso ad esempio e modello di policy virtuose per una proposta dell’Horizon Europe, dal titolo INCITE-DEM, in risposta ad un bando della call Reshaping democracies.
Ricordiamo che INCITE-DEM è un progetto che mira a migliorare la partecipazione inclusiva e l’impegno civico, espandendo l’innovazione democratica e i meccanismi di feedback dinamico tra i cittadini e gli attori istituzionali nelle democrazie rappresentative.
La proposta è condotta dall’Associazione FCiencias.ID di Lisbona, con partner europei, tra cui Kyoto Club per l’Italia. Il Kyoto Club, è un’organizzazione non profit, creata nel febbraio del 1999, costituita da imprese, enti, associazioni e amministrazioni locali, impegnati nel raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas-serra assunti con il Protocollo di Kyoto, con le decisioni a livello UE e con l’Accordo di Parigi del dicembre 2015.
Questo riconoscimento conferisce al Coordinamento Agroecologia una maggiore responsabilità. Si tratta di una corsa contro il tempo, contro l’indifferenza più che contro i grandi interessi di multinazionali e finanza che, in un tessuto culturale e di coscienza coeso non potrebbero radicare.
A tutti gli abitanti del pianeta Terra, e non solo ai siciliani, la parola d’ordine è: passare dalle lamentele ai fatti concreti, ai processi democratici virtuosi, e non quelli delle rivoluzioni armate, che portano solo devastazione, distruzione e morte, ma quelle delle rivoluzioni delle coscienze con le loro conseguenti prese di posizioni e di conseguenti azioni.




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